Giochi e Curiosità: Tivoli, Villa Adriana, la cittadella sotterranea.

Villa Adriana è una vera e propria città nella città, organizzata su un’area vastissima. Probabilmente lo stesso progetto della villa è da attribuirsi proprio all’Imperatore, che tra le tante passioni e abilità aveva anche quella per l’architettura. La villa doveva essere un ambiente dove riposare e staccare dalla vita pubblica e per questo era stata fornita di tutti i comfort che si potessero immaginare all’epoca. Ma ai tempi dell’impero romano non esisteva la “domotica”…tutti gli agi (illuminazione, riscaldamento, cucina…) erano gestiti dagli schiavi…tanti, tanti schiavi. 

Per questo la villa è strutturata su due livelli. Il superiore, silenzioso ed accogliente, era quello dove si viveva nel lusso. Il livello inferiore era invece riservato agli schiavi.

Si tratta di un’altra cittadina, non visibile ma sotterranea, un grande sistema di tunnel e cunicoli scavati in profondità, costruiti con lo scopo preciso di permettere alla servitù di provvedere a tutte le esigenze della casa senza essere visti. Sotto la Villa si snodano chilometri di cunicoli sotterranei e vi si trova addirittura una via carrabile, che percorreva tutto il sottosuolo e che era utilizzata per caricare le vettovaglie e quant’altro dovesse essere trasportato nella villa.

Il concetto di schiavitù era considerato normale, e comunque indispensabile al vivere quotidiano. E probabilmente ne avevano una coscienza maggiore di quella che abbiamo noi oggi, che disprezziamo la schiavitù solo a parole e ne usufruiamo comunque nei fatti, con un acquisto a prezzo ribassato o con un delivery dal bar appena sotto casa.

 Le parole di Adriano rendono bene l’idea:

Non credo che alcun sistema filosofico riuscirà mai a sopprimere la schiavitù: tutt’al più, ne muterà il nome. Si possono immaginare forme di schiavitù peggiori delle nostre, perché più insidiose: sia che si riesca a trasformare gli uomini in macchine stupide e appagate, che si credono libere mentre sono asservite, sia che si imprima in loro una passione forsennata per il lavoro, divorante quanto quella della guerra presso le razze barbare, tale da escludere gli svaghi, i piaceri umani. A questa schiavitù dello spirito o dell’immaginazione umana, preferisco ancora la nostra schiavitù di fatto. Qualunque cosa avvenga, la condizione orribile che mette l’uomo alla mercé d’un altro uomo esige un’attenta regolamentazione giuridica.”

Marguerite Yourcenar, “Memorie di Adriano”.

Simona Gelardi

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