Giochi e curiosità: Gole Infernaccio, Streghe e Sibille

«La Sibilla con la bocca della follia dà suono a parole che non hanno sorriso né abbellimento né profumo, e giunge con la sua voce al di là di mille anni, per il nume che è in lei». (Eraclito, Frammento n. 119)

Un po’ di ricordi di scuola, con versioni di greco e latino pullulanti di sibille (per avere qualche idea-immagine, Michelangelo ne dipinge 5 meravigliose sulla volta della Sistina) qualche ricerca in internet…e sulla Sibilla la fantasia si può sbizzarrire! La Sibilla era una fanciulla che riceveva dal dio profezie sul futuro e spesso profetizzava sciagure. Forse per questo, questa figura femminile che inizialmente era un personaggio positivo, nel periodo medievale acquisì sempre più un’accezione negativa, passando velocemente da oracolo a diabolica strega. E proprio nel medioevo, sia per il richiamo del nome che per i paesaggi particolarmente suggestivi, i Monti Sibillini divennero sinonimo di luogo magico. Nel XIII secolo, maghi, streghe e negromanti provenienti da ogni contrada d’Europa, affrontavano fatiche e pericoli inimmaginabili per raggiungere l’antro della regina Sibilla, le gole dell’Infernaccio o il vicino lago di Pilato, ritenuti luoghi particolarmente adatti per consacrare i libri di magia nera. Si narra addirittura di ripetute benedizioni da parte della chiesa per “disinfestare” questi luoghi dal maligno!

La Sibilla dell’Appennino

Streghe e stregoni a parte a noi è piaciuta molto la leggenda della Regina Sibilla e le fate, che lega alla perfezione leggenda e tradizioni popolari. Si narra che la Sibilla dell’Appennino dimori proprio qui, sul monte che prende il suo nome, e che la danza popolare tipica delle Marche, il Saltarello, abbia avuto origine proprio da una delle tante storie che si narrano su di lei…o il contrario!

Tanto tanto tempo fa le ancelle della fata-sibilla avevano l’abitudine di uscire nella notte dalla reggia nel cuore della montagna per andare a danzare il saltarello coi giovani pastori. Per spostarsi da un paese all’altro le fate prendevano in prestito i cavalli, che la mattina venivano trovati affaticati, sudati e con le criniere magicamente intrecciate. Si narra inoltre che le fate non avessero piedi ma zoccoli caprini, adatti a risalire agilmente i ripidi sentieri di montagna. 

La corona del Monte Sibilla

Anche la corona del Monte Sibilla sarebbe stata formata dai colpi degli zoccoli delle fate. Esse infatti potevano uscire solo di notte ma con l’obbligo di rientrare alla grotta prima che le luci dell’alba avessero lasciato l’orizzonte, perché nessun raggio di sole potesse sorprenderle. Si narra che dopo una lunga notte di danze coi pastori, prese dalla gioia e dall’entusiasmo, nessuna di loro si accorse che il sole stava sorgendo e, ormai sorprese e molto impaurite, corsero via velocemente, risalendo in tutta fretta il monte per tornare nella dimora della Sibilla, lasciandosi dietro una scia chiara che ancora oggi è possibile notare lungo il dorso della montagna, chiamata “il cammino delle fate”.

 (https://www.activetourism.it/blog-with/681-la-regina-sibilla-e-il-saltarello-leggende-e-tradizioni-dei-monti-sibillini).

Simona Gelardi

Torna in alto