Giochi e Curiosità: Briganti e brigantesse, le avventure di Filomena Pennacchio.

Subito dopo la proclamazione del Regno d’Italia nel 1861, i boschi del Vulture furono il nascondiglio di tanti giovani che, spesso disertori dal nuovo esercito sabaudo o semplicemente spinti dalla fame, si davano alla macchia e al brigantaggio. Filomena Sipicciani, detta Pennacchio per il cappello con le piume da cui non si separava mai, fu per un periodo a capo di uno di questi gruppi.

Era una donna affascinante, dal temperamento deciso ma priva di scrupoli e famosa per la sua freddezza. Le leggende su di lei la seguivano da sempre: giovanissima, aveva ucciso il marito violento trafiggendolo con uno spillone d’argento ed era fuggita da un intero paese che l’avrebbe voluta in galera: qui gli uomini potevano uccidere anche solo per onore, le femmine no, neppure per difendersi.

Si racconta poi che, per intimidire la ricca Lucia Cataldo che si mostrava restia a lasciarsi derubare, aveva agguantato per le corna un bue che pascolava lì vicino e lo aveva sgozzato con un solo colpo. Aveva appreso l’arte di maneggiare il coltello dal padre macellaio, e in quello non era seconda a nessuno. Farai la stessa fine se non paghi, avrebbe detto alla signora.

Insomma, Filomena era una brigantessa vera, non “la donna di”. Tuttavia gli uomini impazzivano per lei, si sfidavano a duello per mostrarle coraggio e lei passò da numerosi amanti, fra cui anche il terribile Carmine Crocco. Infine incontrò Giuseppe Schiavone, chiamato da tutti lo Sparviero. Filomena questa volta si innamorò davvero e lui lasciò per lei la sua compagna di una vita, Rosa Giuliani. Questa, accecata dalla gelosia, rivelò alla gendarmeria il nascondiglio dove si trovavano Schiavone e alcuni suoi uomini, che così furono catturati dalle truppe sabaude e portati a Melfi. Filomena, in quel momento incinta, non era presente alla cattura del suo uomo: anche lei si trovava a Melfi, ma nascosta in casa della levatrice. Prima di essere giustiziato, Schiavone chiese di poter rivedere Filomena e lei, pur sapendo di consegnarsi così nelle mani della giustizia, decise comunque di incontrarlo per poterlo baciare un’ultima volta. Ormai sola, in attesa di un bimbo e distrutta per la perdita del compagno, la brigantessa si arrese e fu condannata a 20 anni di lavori forzati.

Ma la leggenda di Filomena Pennacchio non finì certo così. Gli anni di pena vennero ridotti e Filomena, lasciate in prigione le spoglie da brigante, ne uscì a testa alta e con indosso ancora tutto il suo fascino. Di lei si persero le tracce a Melfi, ma nello stesso periodo a Torino apparve una misteriosa donna, sempre elegante ma risoluta nei modi, moglie di un facoltoso uomo d’affari, nota per la sua instancabile opera di carità verso orfani, carcerati e poveri, ma nessuno in città avrebbe saputo dire da dove era arrivata…

(Rif. La brigantessa ritrovata, ed. Il Papavero)

Simona Gelardi

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