Nel quartiere Monti, nascosto nella chiesa di San Pietro in Vincoli, c’è uno dei più grandi capolavori dell’arte italiana, il Mosè di Michelangelo. Vederlo vale la pena, basti pensare che recentemente un team di ricercatori dell’università “La Sapienza” l’ha utilizzato per tentare di dimostrare quanta emozione suscita la grande bellezza, magari legata a un capolavoro dell’arte, proprio misurando l’attività cerebrale dei visitatori durante l’osservazione di questa statua.
L’opera era inizialmente destinata alla Basilica di San Pietro ma fu collocata qui a causa dei dissapori tra il Papa e Michelangelo. L’artista, noto per il suo caratteraccio, arrivò addirittura a “girare” fisicamente la testa del Mosè, diversi anni dopo la sua creazione, proprio per motivi religiosi.
Per capirlo bisogna tornare indietro con i nostri ricordi alla lezione di catechismo su Mosè e le tavole della legge. Quando il profeta, ricevute le tavole, rientrò all’accampamento, trovò il suo popolo che, invece di pregare il vero dio, adorava una statua pagana, il famoso vitello d’oro.
Così come il Mosè biblico, la statua di Michelangelo, adirata, distoglie lo sguardo dagli altari nell’abside, dove venivano venerate le catene di San Pietro e concesse le indulgenze a innumerevoli pellegrini, proprio come se avesse visto un nuovo vitello d’oro. Mosè è arrabbiatissimo e sembra sul punto di alzarsi e distruggere tutto. Una rabbia perfettamente espressa dalle vene gonfie e i muscoli in tensione che sembrano dar vita al marmo.
Solo Michelangelo poteva essere in grado di girare la testa a una statua…e comunque anche lui deve aver incontrato non poche difficoltà. Molti studi sostengono che abbia girato la testa del suo Mosè accompagnandola con una torsione dinamica di tutto il corpo, ed in fase di restauro altri indizi si sono aggiunti a confermare l’ipotesi: per esempio, l’imponente barba è tirata verso destra, perché a sinistra sarebbe venuto a mancare il marmo per rifarla perpendicolare come era nella prima versione e per operare la torsione del corpo, il trono su cui Mosè è seduto viene abbassato a sinistra, mentre per appoggiare indietro il piede sinistro, l’artista è stato costretto a stringere il ginocchio di 5 centimetri rispetto al destro.